Fonte dell’immagine:https://www.broadwayworld.com/austin/article/Review-JANE-EYRE-at-Austin-Shakespeare-20241111
La produzione di Austin Shakespeare di Jane Eyre offre un’interpretazione sorprendentemente moderna e femminista della storia iconica di una donna che lotta contro le forze oppressive del suo tempo.
Con musica, movimento e un’attenzione riflessiva sul percorso di Jane come donna anziché solo sulle sue vicissitudini romantiche, questa produzione infonde nuova vita nel noto racconto.
L’adattamento del National Theatre e del Bristol’s Old Vic del classico di Charlotte Brontë colloca la vita di Jane al centro della narrazione, esplorando i temi profondi dell’ineguaglianza di genere, dell’abuso istituzionale e del ruolo della chiesa nel perpetuare queste ingiustizie sociali.
La produzione riesce senza dubbio a riformulare il romanzo amato con una lente audace e senza scuse femminista.
Lo spettacolo si apre con la linea schietta, “È una ragazza,” segnando il momento della nascita di Jane e stabilendo il tema centrale della storia.
Questa semplice, ma carica affermazione, stabilisce il tono per l’intera produzione, sottolineando come la società, fin dal momento della sua nascita, limiti il potenziale di Jane semplicemente a causa del suo genere.
È un commento potente sullo stato delle donne nel 1800, quando il loro valore era spesso definito dalla loro capacità di sposarsi, generare figli e sottomettersi all’autorità maschile.
Sebbene il romanzo di Brontë sia stato a volte criticato per aver romanticizzato la crescita personale di Jane, questo adattamento sposta l’emphasis sulla lotta di Jane per l’autonomia, la dignità e il rispetto di sé.
Il suo amore per Mr. Rochester rimane significativo, ma non oscura mai la narrazione più critico: la sua battaglia contro un mondo che tenta ripetutamente di schiacciare il suo spirito.
Questo adattamento colloca la vita di Jane all’intersezione degli ideali femministi e della critica sociale.
Le sue esperienze—sia sotto la custodia della crudele zia Reed, sia il maltrattamento delle ragazze nell’istituto Lowood, sia il controllo possessivo di Mr. Rochester—mettono in evidenza l’abuso sistemico subito dalle donne.
Nel corso della produzione, la resilienza di Jane è rappresentata non solo come risposta alle prove romantiche, ma come risposta a un sistema patriarcale profondamente radicato.
In assenza di interpretazioni straordinarie, ci sono diversi momenti di genialità che risuonano profondamente con il pubblico.
Uno dei punti salienti si verifica quando una giovane Jane, interpretata da Taylor Flanagan con ribellione giovanile, stringe amicizia con Helen, interpretata in modo incantevole da Cassie Martin, all’istituto Lowood.
La loro conversazione sull’ingiustizia di un sistema che insegna loro solo a essere “realizzate” (attraverso il pianoforte o il cucito) piuttosto che incoraggiare la crescita intellettuale o emotiva è sia straziante che ispiratrice.
Questa scena è una riflessione toccante sui limiti imposti alle donne, e il legame tra le due attrici rende il tutto indimenticabile.
Un altro momento cruciale arriva quando Jane adulta scopre Bertha Mason, interpretata con intensa intensità da Chelsea Manasseri, la moglie mentalmente malata di Mr. Rochester rinchiusa in soffitta.
In questa scena carica di emozione, Jane arriva alla dolorosa realizzazione di non poter, in buona coscienza, sposare un uomo che appartiene a un’altra donna—soprattutto a una che è vittima della propria malattia mentale.
Questa realizzazione inquadra la scelta di Jane non solo come un rifiuto di Mr. Rochester, ma come un atto di solidarietà con Bertha, un riconoscimento della loro lotta condivisa come donne in un mondo patriarcale.
La performance è tenera e sfumata, rivelando la crescita e la forza interiore di Jane.
Tra i temi più oscuri, la produzione trova anche momenti di leggerezza, in particolare nella scena con il giovane ministro, interpretato dal multitalentuoso attore-musicista Michael Morse, che accoglie Jane dopo la sua fuga dalla casa di Mr. Rochester.
Le sue allegorie esagerate e i suoi modi ridicoli—in particolare il modo in cui gesticola verso i cieli ogni volta che menziona il Signore—offrono un necessario sollievo comico.
È una satira brillante del clero dell’epoca, evidenziando la loro assurdità e i modi in cui sono complici nel mantenere un sistema ingiusto.
Un’area in cui la produzione sfida la convenzione è nella rappresentazione della relazione tra Jane e Mr. Rochester, interpretato da Tim Blackwood.
Sebbene la chimica tra i due personaggi possa non essere così pronunciata come in altre adattazioni, questa potrebbe essere una scelta deliberata del direttore Ann Ciccolella per mettere in evidenza la tensione tra le moderne sensibilità femministe di Jane e la mentalità tradizionale ottocentesca di Rochester.
In questa versione, Jane non è la giovane donna passiva, con gli occhi da cerbiatto, che si lascia incantare da un uomo; al contrario, è indipendente, determinata e senza scuse nel definire il proprio valore.
La musicalità e la direzione dei movimenti sono fondamentali per il successo di questo adattamento.
Come è tipico nello stile del National Theatre, Jane Eyre non è solo un’opera teatrale—è un’esperienza di performance dinamica che integra canzoni, musica strumentale e coreografia in modi che portano il mondo di Brontë in vita in modo viscerale e immaginativo.
Gli attori non sono solo abili nei loro ruoli drammatici, ma anche nel suonare strumenti e cantare, contribuendo al ricco e immersivo mondo dello spettacolo.
La coreografia, in particolare nelle scene in cui i personaggi cavalcano carrozze o incarnano animali, è fantasiosa e altamente efficace nel far avvicinare il pubblico al paesaggio emotivo di Jane.
Questa fluidità di movimento—dove i confini tra personaggio e ambiente si sfumano—è un marchio di fabbrica dell’approccio del National Theatre alle adattazioni contemporanee, e funziona particolarmente bene in questo contesto.
A completare il cast di artisti polivalenti, che interpretano ruoli multipli—compresi animali e musicisti—ci sono Laura D’Eramo come Blanche / Diana / Ensemble, A.Y. Oza, che porta in vita un comico segugio tra i suoi molti ruoli (Musicista / Mr. Mason / Brocklehurst / Padre di Jane / Ensemble), e Justin Smith, che, oltre ai suoi ruoli di Musicista / Cocchiere e Reverendo, offre un’interpretazione comica, curiosa e rigida di Mrs. Fairfax.
La scenografia, progettata da Evonne Paik Griffin, è semplice ma intenzionale, facendo affidamento sull’immaginazione del pubblico per riempire lo spazio.
Questo approccio minimalista mantiene il focus fermo sui personaggi e sulla storia, piuttosto che su scenografie elaborate.
I costumi, progettati da Aaron Kuback, sono appropriati per l’epoca, ma sottodimensionati, rinforzando la qualità senza tempo della commedia.
L’estetica generale della produzione è in bianco e nero, con una sola eccezione sorprendente: Adele, interpretata dal simpatico Bennie Braswell, appare in un vestito rosso brillante.
Questa scelta audace rompe il tema monocromatico, incorporando un colore che porta significati significativi per Jane nel romanzo originale, dove Brontë associa il colore rosso alle lotte e ai traumi dell’infanzia di Jane.
La produzione di Jane Eyre di Austin Shakespeare è una rivisitazione intelligente, audace e rinvigorente di un classico amato.
La combinazione di temi femministi, satira incisiva e uso inventivo della musica e del movimento crea un’esperienza teatrale unica e stimolante.
Questo adattamento offre una prospettiva fresca su una storia che pensavamo di conoscere, ed è particolarmente raccomandato a coloro che si trovano ad Austin in cerca di qualcosa di fresco e audace nel mondo del teatro.
Lo consiglio vivamente per il suo tema attuale e l’approccio artistico al testo.